Se prima della partita contro Udine avessimo detto che Rieti se la sarebbe giocata fino alla fine, chiunque, compreso staff e tifoseria, avrebbe firmato senza pensarci un secondo. Certo poi, vedendo come è andata davvero, qualche rimpianto ci sta eccome.
La Sebastiani perde a Udine, dimostrando una tenuta esterna non da top 8. Sono cinque infatti le sconfitte consecutive rimediate “on the road” da una Rieti che lontano dal PalaSojourner non riesce ad esprimersi ai propri livelli. Certo però che ad Udine dei passi avanti netti si sono visti, vuoi perché i padroni di casa dopo averne presi quasi 30 in trasferta a Livorno non stanno sicuramente attraversando un momento clamoroso di forma, vuoi anche perché Rieti ha disputato una gara caparbia, attenta in difesa e cinica, soprattutto nei primi due quarti attacco. Mettiamola così, la scelta di passare dietro sul pick and roll di Harris di Vertemati non è stata proprio esattamente la lettura tattica del secolo, e l’ex Varese ha ringraziato chiudendo con un ottimo 4 su 9 dal perimetro e 19 totali. Quando Udine ha addrizzato il tiro, l’attacco di Rieti si è fermato, ed ha permesso ai padroni di casa, di rientrare, nonostante la giornata pessima di Hickey. Ci ha pensato Caroti a ricucire. Peccato perché sono mancati i dettagli. Rieti l’avrebbe potuta portare a casa con maggiore lucidità nel finale, segnando quei tiri aperti costruiti con Piunti e Sarto. Qualche fischio “curioso” ha fatto il resto, ma in una gara terminata dopo due supplementari ci sta, che questi piccoli quanto enormi dettagli, incidano. Si torna da Udine delusi, forse un pò amareggiati, ma consapevoli che la strada sia giusta. In fondo fare peggio di Nardò e Cremona era piuttosto difficile. La sensazione però è che intorno, ci sia troppa aspettativa, troppa pressione, non giustificata da un roster comunque buono ma non da top 4. Basta vedere chi si alza dalla panchina di Udine e chi da quella di Rieti per capire che quello che si sta facendo è tutt’altro che da buttare via.